Ho conosciuto Virginia Woolf l’anno scorso, in un torrido pomeriggio di fine luglio, precisamente quando di questa scrittrice sapevo poco e niente. L’anno scorso ero ancora alle prime armi con i classici e divoravo romanzi come se fossero Nutella tappando innumerevoli buchi e facendo un po’ di tutto affinché la mia anima sognatrice e romantica non risentisse del tedio o della monotonia che sopraggiungevano solitamente in questi ultimi mesi d’estate. In quel periodo Una stanza tutta per sé, mediante una serie di gesti agitati che vietavano la compiacenza, mi aveva inondato i sensi di una felicità imprecisata, che aveva avuto fama di farmi vedere la Woolf sotto un’altra ottica, giovane donna che aveva volto le spalle ai paradigmi del secolo. Anche Alda Merini, Sylvia Plath e molte altre si erano affacciate nel panorama letterario mostrando una faccia diversa dalle altre. E quando queste opere venivano riconosciute per ciò che effettivamente erano, un atto di ribellione anticonformista in cui ci si lascia completamente andare ad istinti, passioni che si pensava non potessero avere, si giungeva alla ricerca costante di ogni forma di verità.
Io ho creduto a questo e a molto altro fra le pagine di Il libro delle verità nascoste. Ne ho scorto la faccia, la figura, carpito segreti di una donna che aveva fatto della letteratura massima di vita. Ma quelli erano altri tempi, quando le penne che vergavano di rosso pagine e pagine di opere autobiografiche o nettamente realistiche lo facevano con grazia. Il fatto è che per più di qualche minuto, durante il corso della lettura, mi è sembrato di toccare questi testi quando bisognava fare spazio alle brutali vicende che avevano popolato le notti miti di una giovane studentessa inglese o alla sua innocente e infantile storia d’amore con il bello di turno; un professore di letteratura inglese. Una mattina che Ruby era venuta in università a presentare la sua tesi di laurea a incassare un pessimo voto dopo tanto lavoro, mi si avvicinò. Credevo che fosse una studentessa come tante altre, ma si limitò a farmi “vedere” il film nefasto della sua vita, a invitarmi a guardarlo come se io la conoscessi da tempo e ringraziarmi del fatto che io avessi deciso di condividere questa storia con lei e non un’altra ad impicciarsi delle sue cose quando non ci sarebbe stata altra scelta. Ruby era piuttosto ingenua, non c’è che dire, e dovevo stare molto attenta a dove mi avrebbe condotta.
Per chi fosse interessato, la recensione completa qui:
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